Oggi vi raccontiamo una bella storia di cui abbiamo avuto il piacere di essere attivi testimoni

Un paio di settimane fa abbiamo avuto ospiti a Borgo Piazza un gruppo di tedeschi davvero speciale; per una davvero incantevole settimana. Belle persone, simpatiche, alla mano, e ben lontane dai luoghi comuni che li immaginano freddi, rigidi e distaccati. Ma al di là di questo, era speciale e molto particolare, il motivo del loro soggiorno in Calabria. Queste simpatiche signore guidate dalla loro capogruppo e insegnante, Annunziata Matteucci, erano qui per conoscere meglio, dal di dentro, immergendovisi finché possibile, la tradizione popolare calabrese. Ancor più nello specifico, quella legata alla musica popolare coi suoi canti antichi e strumenti tradizionali. Proprio così, da Amburgo e Berlino per conoscere meglio “questa” Calabria.

Insieme, il gruppo tedesco forma un coro polifonico (“Le Fazzolette”), che canta rigorosamente solo in italiano; meglio ancora: cantano nei dialetti meridionali dove sono ancora vive le tradizioni popolari di cui si sono innamorate. Proprio quelle meravigliose e colorate tradizioni che spesso noi “autoctoni” rischiamo di dimenticare.

Conosciamoli meglio

La storia di questo gruppo merita un approfondimento, a partire dalla signora Annunziata che dirige il tutto: essa, di evidenti origini italiane, è un’appassionata studiosa di etnologia, antropologia e, naturalmente, canto; quasi fosse destino, si è ritrovata nel corso della sua formazione professionale, a incrociare lo studio e la pratica del mondo tradizionale del mezzogiorno italiano col suo fuoco e il suo ritmo tra-avvolgente. Da lì è iniziato questo percorso che l’ha portata a sua volta a coinvolgere altre persone e a “cantare” insieme un mondo forse non così lontano.

Da dove arriva questa passione?

Ma se per Annunziata questo percorso è stato, ed è, oltre che un lavoro, un modo per riagganciarsi alle sue radici, per gli altri no: loro non hanno origini italiane, eppure sentono un richiamo fortissimo verso tutto questo. Annunziata ci ha ben spiegato il motivo principale: in Germania questo tipo di tradizioni, di pratiche, di espressioni… sono quasi del tutto assenti. Ed ecco che quindi anche se estranee alla cultura di appartenenza, le nostre tarantelle, cornamuse e tamburelli vari, hanno fatto breccia nel loro cuore fino a spingerle a entrare sempre più dentro a queste arcaiche dimensioni e ad abbracciarle come proprie.

Lo scambio, quello vero

Ogni anno, il gruppo compie uno o più viaggi nel Sud-Italia alla scoperta sempre più approfondita della tradizione: e da un punto di vista teorico, e da un punto di vista pratico. In tutto questo guidati con delicatezza da Annunziata e da insegnanti-formatori del luogo che di volta in volta li introducono nei vari mondi. Così hanno fatto nella cornice di Borgo Piazza che ha offerto loro un’atmosfera ancora più calda dove muoversi: tra la nostra chiesetta, l’anfiteatro, e gli spazi “ordinari”, è andato in scena un vero, autentico, spettacolo di vita vera. È andato in scena soprattutto uno scambio! Un meraviglioso scambio di vita ed emozioni. Uno scambio agevolato, mediato, da preziosi “ciceroni” calabresi.

Uno di questi è stato Danilo Gatto: apprezzato compositore, abile strumentista, ricercatore, docente, e, prima di tutto, va da sé, profondo appassionato di musica popolare e della sua grande energia, nonché ex assessore alla Pubblica Istruzione al Comune di Catanzaro.

Una serata speciale

L’ultima sera, dopo aver cenato, il ristorante del Borgo si è trasformato in una piccola arena musicale (in sicurezza ovviamente), dove, oltre allo stesso Gatto, sono intervenuti i ragazzi di “Felici & Conflenti”, un’associazione del catanzarese che da anni promuove la tradizione, canta (in tutti i sensi) la tradizione, con lodevoli iniziative. Credeteci, è stata una serata speciale, dove gli antichi strumenti hanno ripreso vita dando ritmo ed energia a tutto e tutti, e accarezzando le nostre anime toccando corde profonde.

Per noi del Borgo non era più “solo” lavoro, ma era uno spettacolo in cui eravamo immersi e, in piccola parte, compartecipanti, spettAttori! Ma ancora più emozionante era vedere lo scambio toccante e autentico fra il gruppo tedesco e il gruppo italiano. E benché in pochi, tra i tedeschi, comprendessero bene la nostra lingua, questo non era d’ostacolo; non lo era perché c’era qualcosa di più: a entrare nel cuore e nello spirito c’era altro; ciò che contava era il corpo, il ritmo, l’energia; dolci pratiche arcaiche che travalicano qualsiasi confine linguistico e ti entravano nel sangue.

Forse ha ragione chi dice che la musica è l’arte suprema, e questa nostra esperienza ce ne dà una prova importante. Pensateci: qual è l’arte più potente, più profonda, più… viscerale? Quella più universale, quella che ti attraversa dentro “senza permesso” e senza che tu possa opporre alcuna resistenza?

La musica cari amici! La musica!

Pensateci ancora: la musica (a prescindere ma ancor di più quando le parole sono magari assenti o “secondarie”), non ha confini: non ha bisogno di traduzioni; non ha bisogno di teoria, di spiegazioni. È completa e si completa in se stessa; è universale, è trasversale! È democratica e non conosce distinzioni sociali, economiche, linguistiche, culturali ecc. La musica UNISCE fin dalla notte dei tempi; accompagna riti e funzioni collettive per avvicinare gli uomini tra loro e loro al divino, al sacro. È pura, naturale, e, soprattutto, infinita.

Dovete sapere che il primo strumento musicale nella Storia, è un flauto risalente a circa 50 mila anni fa. È esattamente il periodo in cui l’uomo compie un salto evolutivo enorme, epocale. È IL MOMENTO IN CUI “NASCE” E SI SVILUPPA IL LINGUAGGIO! Il momento in cui iniziamo a parlare e a PARLARCI. Una scintilla divina attraversa l’umanità. È Il momento in cui (anche con i primi “disegni”), nasce l’arte; è il momento in cui l’uomo raddrizza la schiena e inizia a PENSARE e a PENSARSI; è l’alba della coscienza: l’uomo inizia a guardare il cielo e le stelle e a farsi domande. E la musica era lì, insieme a lui, INSIEME A NOI… e non se ne è mai andata, non se ne andrà mai. E noi le siamo grati per questo.

 

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